La black light si accende nei musei

di Francesco Pullia

Spoleto, Rocca Albornoz, installazioni luminose

Fino al 25 febbraio 2018 all’interno e all’esterno della Rocca Albornoz di Spoleto, nell’ambito della mostra Black light art, sono ospitate installazioni di Mario Agrifoglio, Nino Alfieri, Alessio Ancillari, Leo Nilde Barabba, Claudio Sek De Luca, Giulio De Mitri, Nicola Evangelisti, Maria Cristiana Fioretti, Federica Marangoni, Yari Miele, Ugo Piccioni, Sebastiano Romano mentre nel cortile e nel passetto del Palazzo Ducale di Gubbio “Light art” propone, invece, tre lavori, rispettivamente di Stefano Frascarelli, Federica Marangoni, Saverio Mercati. Nello stesso periodo al Tempietto del Clitunno ci si può lasciare coinvolgere dall’installazione luminosa dell’artista umbro Carlo Dell’Amico mentre alla Galleria ADD Art di Spoleto sono esposte altre opere di Mario Agrifoglio, scultore, pittore, fisico, scomparso tre anni fa a 78 anni, che a lungo ha dedicato la sua ricerca alla Black light, e Nicola Evangelisti.
La Black light art, derivante dalla Light art, è legata al ricorso alla cosiddetta “lampada di Wood”, da Robert Williams Wood che per primo la utilizzò nel 1903. Usata unicamente in settori di nicchia, per rilevare tracce di sangue o riconoscere monete false, ha avuto una diffusione esponenziale dagli anni Novanta grazie al mondo dello spettacolo e a locali frequentati dai giovani (discoteche, pub, ecc.). L’immissione nel mercato di una vasta gamma di colori fluorescenti, fosforescenti e luminescenti ad altissima resa estetica sotto luce nera ha contribuito decisamente alla sua evoluzione. La Light art, da parte sua, ha le sue origini nella tecnica fotografica di Frank Gilbreth e soprattutto nei lavori di Man Ray. Negli stessi anni Gjon Mili, innovatore dell’illuminazione, sperimentò l’uso del flash elettronico. Dal suo incontro con Picasso, nel 1949, scaturirono disegni di luce immortalati dalla macchina fotografica. Successivamente, vi fu un’esplosione di opere da parte di artisti che adottarono tecniche simili (Andreas Feininger, Jaques Pugin, Jozef Sedlak, Eric Staller). Verso, la fine degli anni Settanta, Dean Chamberlain diede vita ai “Light paintings” e anche il fotografo Jacques Pugin si indirizzò su un percorso simile. In ambito italiano, tra i precursori vanno ricordati futuristi come Giacomo Balla e poi Lucio Fontana, Bruno Munari, Gianni Colombo. Ai giorni nostri si è affermata grazie ad artisti come Dan Flavin e James Turrell. Quest’ultimo ha dato vita alla più grande opera ambientale al mondo, iniziata negli anni Settanta e proseguita fino ad oggi, realizzando in cima al cratere di un vulcano spento un occhio con osservatori di luce sotto una serie di spazi.
«Dovremmo realizzare l’arte pubblica attraverso la luce», ha affermato in un’intervista Gisella Gellini, autrice di “Light Art in Italy, temporary installations” (ed. Maggioli). «Sempre più frequentemente in alcuni paesi agli artisti viene affidato il compito di illuminare edifici storici e ambienti urbani. Da noi ancora non c’è questa mentalità, fatta eccezione per Torino che, con “Luci d’artista”, si trasforma in un museo all’aperto da novembre a gennaio. Alcune installazioni di Mario Merz, Michelangelo Pistoletto e altri sono diventate permanenti e costituiscono punti di riferimento nel tessuto urbano».
Ideato da Rosaria Mencarelli, quando è stata direttrice del Museo nazionale del Ducato di Spoleto-Rocca Albornoz, il progetto Lightquake 2017 è stato attuato grazie a Paola Mercurelli Salari (direttrice anche del Palazzo Ducale di Gubbio) a lei succeduta e si è avvalso della collaborazione degli studenti del corso Light Art e Design della Luce del Politecnico di Milano.