Magnifica Graeca. In mostra capolavori dai magazzini

di Marco Sofia

 

La mostra  nasce dall’idea di valorizzare, una parte infinitesimale dell’immenso patrimonio culturale conservato nei diversi magazzini dei Musei archeologici statali dell’Umbria. Gli oggetti sono una piccolissima selezione di alcune importazioni dell’artigianato ceramico del mondo greco, fra il VI e il V secolo a.C. giunte in varie parti d’Etruria, prevalentemente ad Orvieto.
L’allestimento occupa tre vetrine numerate progressivamente che formano un percorso cronologico, con il materiale dal più antico al più recente, necessariamente parziale e frammentario ma sicuramente esemplificativo dell’evoluzione artistica e delle importazioni greche. Alla fine di questo percorso, all’interno della Vetrina 4 sono contenuti oggetti discrezionalmente selezionati perché ritenuti in questo gruppo di circa 40 vasi come “artisticamente rilevanti”.

Questo “viaggio ideale” può iniziare dalle odierne coste della Turchia, un tempo costellate di colonie greche; l’artigianato ceramico molto vivace di queste città produsse fra VII e VI sec. a.C. diversi prodotti, fra i quali una serie di coppe di diversa morfologia, cd. “Coppe ioniche” o “coppe greco-orientali”, che ben presto giunsero in Etruria e qui vennero imitate. Le due coppe “greco-orientali” qui esposte, con i caratteristici cerchietti in vernice diluita nella parte interna del labbro, furono ritrovate in tombe della Necropoli di Crocifisso del Tufo. Queste tipologie di coppe vengono prodotte per un lungo arco temporale diventando anche fonte di ispirazione e modello per le produzioni ateniesi contemporanee. E’ anche possibile ammirare alcune riformulazioni ateniesi delle “coppe ioniche”, le cd “Coppe dei Piccoli Maestri” , definizione derivante dalla decorazione miniaturistica, spesso di alta qualità, sull’esterno del vaso. Frequente su queste coppe è presenza di iscrizioni che, o designano il vasaio, (XENOKLES:EPOIESEN/ Xenokles l’ha modellata), o presentano invocazioni conviviali, (KAIREKAIPIEI/ Salute e bevi bene) o sono iscrizioni senza senso o con segni che imitano le lettere.
Un’altra forma prodotta ad Atene su ispirazione greco-orientale è la Coppa “Tipo Siana” particolarmente popolare nel secondo quarto del VI sec. a.C.; il nostro esemplare del Pittore del Civico (nome che si riferisce proprio alla collocazione museale di questa coppa) conserva parzialmente la decorazione interna.

Anfora attica a figure nere

Tre anfore di diversa modellazione raccontano per immagini alcuni miti molto ricorrenti nelle ceramiche ateniesi decorate con la tecnica delle figure nere nella seconda metà del VI secolo a.C. Grande successo ebbero ad esempio i miti legati alla figura di Eracle  e quelli che raccontano storie che hanno come protagonista la dea ateniese per eccellenza, Atena.

Due esemplari di una peculiarissima e ristretta produzione vengono definite ”Calcidesi”, terminologia convenzionale che viene usata per un gruppo stilisticamente e tecnicamente omogeneo di vasi decorati con la tecnica delle figure nere; il nome deriva dalla presenza su alcuni di questi di nomi dipinti usando l’alfabeto tipico di Calcide di Eubea. L’evoluzione degli studi. nel corso dell’ultimo secolo, ha dimostrato che le botteghe che la produssero non si trovavano a Calcide in Eubea, ma bensì in una delle colonie occidentali di Calcide, Rhegion (Reggio Calabria).

L’idria n. 20 è sicuramente un ottimo esempio dell’alta qualità nel disegno e del ricercato descrittivismo di uno dei pittori attivi in queste botteghe, Il Pittore dell’Idria di Orvieto (prende il nome proprio da quest’opera). La complessa e dettagliata decorazione che nella parte centrale illustra la lotta fra Eracle e altri eroi greci contro le amazzoni e sull’altro lato duelli fra guerrieri (Guerra di Troia?) è ulteriormente arricchita da un’attenta decorazione floreale e zoomorfa accessoria e dalla miniaturistica precisione del fregio sulla spalla. L’altro vaso (n. 15) è una coppa decorata con gli occhioni che presenta il distintivo piede “a trochilo”. Il particolare design di queste coppe probabilmente ottenne grande successo presso le popolazioni etrusche. Un effetto collaterale di questo alto gradimento è riscontrabile nel fatto che i contemporanei vasai attici, probabilmente temendo la perdita di una consistete fetta di mercato, decisero di imitare gli esemplari “calcidesi”, ottenendo così le cd. “Coppe caldidizzanti”, cioè coppe “ad occhioni” di produzione attica che copiano la decorazione e il particolarissimo piede di quelle “calcidesi” (un esempio è possibile ammirarlo nel corredo della Tomba del Guerriero della Necropoli di Crocifisso del Tufo).

In parallelo, accanto a questi, sono posti due vasi della medesima forma più o meno contemporanei ma di produzione attica. L’idria (n. 21) riporta anche se solo sulla spalla il mito del combattimento fra Eracle e le amazzoni, mentre il corpo è occupato da una scena di partenza di un guerriero su una grandiosa quadriga.

Le coppe “ad occhioni”, probabilmente ideate nei decenni centrali del VI secolo a.C. all’interno della bottega di Exekias, ebbero un grande successo e furono prodotte fino alla fine del secolo. Nel tempo la canonica maschera silenica presente nella parte esterna del vaso subì diverse modifiche, sostituendo spesso alcuni elementi, come naso e orecchie, con altro tipo di decorazione. Nella coppa n.16 prodotta nell’ultimo trentennio del VI secolo a.C. la posizione canonica del naso viene presa da due divinità (Hermes e Apollo), mentre le orecchie scompaiono per far posto ai tralci d’edera.

Sin dalla sua invenzione ad Atene attorno al 530-520 a.C., la nuova tecnica delle figure rosse ottenne un grande successo sia in patria che all’estero. In modo ininterrotto sin dai primissimi esempi e fino al declino delle produzioni all’inizio del IV secolo a.C. giungono in Etruria diversi vasi che spesso ispirarono un attento artigianato locale.

La Vetrina 3 è occupata quasi esclusivamente da Kylikes (coppe) decorate con questa tecnica e cronologicamente ben distribuite fra VI e V sec. a.C. Fra queste la più antica, ultimo decennio del VI sec. a.C., è quella attribuibile al “circolo” di Pittore di Epeleios (n. 23) con scene di natura dionisiaca. Legata indubbiamente alla sfera dionisiaca è anche la rappresentazione di un sileno con anfora nel tondo di una coppa frammentaria del Pittore della Clinica (n. 25), seguace di Makron che è uno dei più prolifici e imitati decoratori di coppe dei primi decenni del V secolo a.C. Avvicinabile ad un altro importante pittore degli inizi del V secolo a.C., Il pittore di Antiphon, è la coppa che proviene dalla tomba 7 della Necropoli di Montecchio nel territorio orvietano (n. 29) con la rappresentazione di scene di vita quotidiana.  Il gruppo più sostanzioso (nn. 26-28, 30-31) è costituito da coppe attribuibili a diversi pittori, tutti collegabili ad una “bottega” attiva nei decenni centrali del V sec. a.C.  e particolarmente prolifica che ruota attorno alla personalità artistica del Pittore di Pentesilea. Fra tutte queste coppe, in questa vetrina, spicca per unicità e peculiarità un piccolo skyphos mastoide (n. 24) interamente verniciato di nero eccezion fatta per il meandro sul bordo dipinto con la tecnica delle figure rosse e completato da motivi geometrici sovraddipinti in bianco.

L’ultima vetrina  accoglie una selezione di vasi di particolare interesse iconografico e artistico.
La coppa (n. 32), mancante del piede, è decorata all’esterno con scene di natura dionisiaca (Dioniso fra menadi e satiri) arricchite da una serie di iscrizioni per lo più senza senso e all’interno da un guerriero (con l’iscizione Menon kalos/ Memnon è bello). Questa fu dipinta da Oltos, uno dei più importanti ceramografi ateniesi che utilizzarono la tecnica delle figure rosse poco dopo la sua invenzione. Nella sua prolifica carriera Oltos dipinse soprattutto coppe, arricchendole con vivaci scene animate da solide figure.

Più piccola per dimensioni e decorata solo all’interno è la coppa (n. 36) con la raffigurazione di un atto sessuale, attribuibile ad un altro protagonista indiscusso delle prime figure rosse, Epiktetos, artista contemporaneo a Oltos dallo stile chiaro e dalle figure dai tratti delicati. Sia Oltos che Epiktetos collaborarono con i più importanti vasai dell’epoca e decorano anche una serie di coppe “bilingui”, ovvero decorate sia con la tecnica delle figure rosse che con quella delle figure nere.

Kylix attica a figure rosse

Da Vulci viene la maestosa coppa (n. 33) firmata da Euphronios come vasaio e dipinta da Onesimos, due dei protagonisti artistici importanti fra la fine del VI secolo e i primi decenni del V sec. a.C. Sia all’interno che su un lato dell’esterno il vaso è decorato con le vicende mitologiche relative ad Achille e Troilo. Ai primi decenni del V sec. a.C. è databile la singolarissima brocca con Komos (danza rituale sfrenata) dipinta dal Pittore di Brygos, una delle figure artistiche formatasi presso i cd. “Pionieri” e che nella sua fase iniziale ha forti legami stilistici con il già citato Onesimos. Con il termine “Pionieri” si designa quel gruppo di artigiani che per primi sistematicamente utilizzarono la tecnica delle figure rosse portandola a livelli altissimi (Phintias, Eufronios, Euthyimides, solo per citare i tre maggiori). Il Pittore di Brygos è un ceramografo molto prolifico che opera in un periodo chiamato convenzionalmente tardo arcaismo (490-460 a.C.) nel quale si vede l’affermarsi di grandi figure artistiche anche nel campo della ceramografia. Il suo stile, attento alla collocazione spaziale degli oggetti e alla resa della tridimensionalità, avrà grande successo e molti imitatori.
In quest’ultima vetrina sono state collocate anche alcune opere decorate con la tecnica a figure nere. La più antica fra queste è l’anfora del Pittore Affettato con Dioniso e Arianna attorniati da sileni dallo sguardo penetrante. All’ultimo trentennio del VI secolo a.C. si possono datare sia la piccola coppa-skyphos decorata con un compendio del “kamasutra greco” che la graziosa anforetta a collo distinto con una decorazione molto ricca e curata.