Muro di Via Battisti. Cronaca di un abuso

di Marco Saioni

Aperture nei filari antichi

Guide turistiche e letteratura scientifica concordano nel ritenere il tratto di muro in Via Battisti  tra i più belli e ben conservati della cinta etrusca. La cosa è condivisibile a meno di ignorare la miriade di interventi abusivi sul tessuto murario antico. Una passeggiata con sguardo attento basta infatti per cogliere il sistematico accanimento  operato da soggetti privati nel corso del tempo. Si contano sette porte e un alveare di finestre affacciate a vari livelli. Difficile stabilire la cronologia di tali interventi, che si collocano ragionevolmente dopo l’apertura della nuova strada, inaugurata nel 1909.

Esiste tuttavia una documentazione che attesta un intervento volto a sanzionare un tentativo di manomissione di blocchi allo scopo di aprire una porta.
I fatti risalgono al dicembre del 1923, data in cui la Soprintendenza ai monumenti dell’Umbria interviene per sospendere i lavori, regolarmente autorizzati dal comune di Perugia, proprietario delle mura. Al contempo ne propone il ripristino a spese del comune stesso. Da parte sua, l’amministrazione entra in conflitto con l’istituzione statale ritenendo quel tratto edificato in epoca non molto remota e autorizza la ripresa dei lavori.

Foto del muro eseguita da Edoardo Galli

Al soprintendente Umberto Gnoli, autorevole storico dell’arte, non restò che informare il competente ministero.
Con una nota ufficiale del dicastero dell’Istruzione, in cui si conferma la piena fiducia sull’operato del soprintendente, è dunque convocato a Perugia per un sopralluogo il professor Edoardo Galli, noto archeologo e ai vertici della Soprintendenza agli scavi e musei archeologici dell’Etruria.[1] Istituto questo che aveva competenza anche su parte dell’Umbria, regione ancora priva di un Ufficio specifico per le cose archeologiche.
Galli arriva a Perugia il 29 dicembre e insieme al collega soprintendente, presente l’ingegnere del comune, procede all’ispezione, sull’esito della quale  riferirà in una breve relazione, allegando una foto da lui stesso scattata.
E’indiscutibile che si tratti dell’antico perimetro dell’etrusca Perusia, il quale costituisce da sé solo un insigne monumento degno di rispetto e di cure.
Ciò constatato e premesso mi trovai perfettamente d’accordo con il collega Gnoli sulla necessità ed urgenza di far rimettere a posto dagli stessi operai che li avevano rimossi, i parallelepipedi già distaccati, chiudendo l’arbitraria breccia nella vetusta cortina di difesa. Ma anche l’ingegnere comunale, udite tali ragioni, prese impegno di far riparare al mal fatto con la massima sollecitudine
.[2]

Così certifica Galli. Di certo l’autorevolezza dell’archeologo e lo stesso coinvolgimento del ministero, allora guidato da Giovanni Gentile, dovettero travolgere ogni residua resistenza. Eppure è dal quotidiano L’Assalto, organo del PNF dell’Umbria che proviene una curiosa difesa dell’abusivismo, ironizzando sulle pietre trovate in un muro qualunque[3]
La tesi del cronista, affidata ad una prosa beffarda, tende infatti a legittimare l’esigenza dei proprietari di un locale destinato a locazione che necessitava pertanto di un accesso sulla via. Da qui elenca una serie di spese per la trasferta del Commissario di Firenze, oltre alle probabili richieste di risarcimento da parte dei proprietari del locale in questione, l’istituzione di commissioni da parte del  Comune per resistere alle ingiunzioni della soprintendenza. Risorse e tempo sprecati per qualche blocco di pietra. Ma la nota più interessante dell’articolo attiene ad un dato fornito dal redattore che fissa lo stato della cinta muraria fino ad allora. Egli scrive, infatti, a sostegno della propria tesi,  come nel muro etrusco esistente nella stessa Via Battisti si sono già aperte due porte, una delle quali è malamente rappezzata in cemento.[4]

Confronto con lo stato attuale

Ora, confrontando la foto del Galli con uno scatto attuale sembra possibile che il ripristino fu effettuato, nonostante la presenza di una vasta finestra con grata. Quindi, successivamente al 1924 furono autorizzati o comunque tollerati sistematici interventi demolitivi nei confronti della cinta muraria che allo stato attuale conta sette varchi ad uso di locali privati e un numero consistente di finestre. Qualcuno, dopo il 1924 dovette essersi distratto.