Carsulae, rinvenimenti presso l’area a sud del foro

di Luca Donnini, Massimiliano Gasperini, Valerio Chiaraluce

Gli autori riferiscono con esauriente sintesi i dati emersi dalla campagna di scavi 2017

La proposta di riprendere le indagini archeologiche mediante nuovi scavi ad oltre 40 anni di distanza dalla fine di quelli condotti dall’allora Ispettore per le Antichità dell’Umbria, Umberto Ciotti, è stata avanzata da chi scrive (gli archeologi Luca Donnini e Massimiliano Gasperini) grazie all’appoggio dell’allora direttore dell’area, Paolo Bruschetti (2012-2013). Nel corso degli anni successivi, le indagini sono quindi proseguite sotto la supervisione dei funzionari che lo hanno sostituito dopo il pensionamento: Giovanni Altamore (2013), Maria Cristina De Angelis (2013-2015), Elena Calandra (2015-2016) e, per ultima, l’attuale direttrice della Soprintendenza ABAP dell’Umbria, Marica Mercalli (2016-2018), coadiuvata dal funzionario di zona Gabriella Sabatini.
Gli scavi, fino al 2015, sono quindi stati condotti sotto la diretta supervisione dell’allora Soprintendenza Archeologica dell’Umbria con la direzione scientifica in capo al funzionario direttore dell’area archeologica e il coordinamento sul campo affidato agli archeologi Donnini e Gasperini. Per gli anni successivi, invece, è stata appositamente costituita l’Associazione ASTRA Onlus al fine di poter richiedere alla Direzione Generale Archeologia il rilascio di una concessione di scavo, finora rilasciata per gli anni 2016 e 2017 e in fase di richiesta per il 2018[1].

Tutte le campagne di ricerca e indagine archeologica sono state realizzate grazie al fondamentale contributo economico della Fondazione Cassa di Risparmio di Terni e Narni

Gli anni 2012-2016. Inquadramento generale delle aree indagate.

Le indagini, nel corso del primo anno di scavo (2012), hanno interessato l’area dei monumenti funerari ubicata nei pressi dell’arco di San Damiano dove sono stati aperti due saggi di scavo: il primo subito a sud del monumento a tamburo attribuito alla gens Furia (Saggio A), l’altro attorno al cosiddetto “Sarcofago della Fanciulla” rinvenuto nella parte posteriore del monumento a torre (Saggio B) il quale ha permesso di individuare le fondazioni di un ulteriore monumento funerario che conteneva il sarcofago[2].

Carsulae, planimetria generale dell’area urbana con indicato il posizionamento dei saggio di scavo aperti nel periodo 2012-2017.

Sempre nel corso del 2012 è anche stata avviata l’indagine in una nuova area ubicata approssimativamente al centro del pianoro compreso tra l’arco di San Damiano e il margine nord della grande dolina (Saggio C), dove era visibile parte di una piccola cisterna ipogea. L’area è stata quindi oggetto di scavo fino al 2014 ed ha permesso di rinvenire e documentare alcune strutture e stratigrafie di estremo interesse: una piccola cisterna ipogea in fase con un lacerto di lastricato ed alcune murature di epoca tardo repubblicana (forse pertinenti ad una statio lungo la via Flaminia); alcuni ambienti di epoca augustea che vanno a modificare le strutture precedenti e identificabili, almeno in parte, come dei magazzini; una piccola fornace semi-ipogea per la cottura di vasellame a pareti sottili databile entro la prima metà del I sec. d.C.; un esteso strato di macerie frutto della demolizione e selezione dei materiali lapidei la cui datazione si attesta tra la seconda metà del III e gli inizi del IV sec. d.C.[3]
A partire dal 2014 si è quindi proceduto ad avviare le indagini anche a ridosso della parte superiore del margine settentrionale della grande dolina che caratterizza il tessuto urbanistico di Carsulae. Nel corso degli scavi, che proseguono a tutt’oggi, è stato inizialmente documentato un ambiente a pianta trapezoidale ed una strada basolata di epoca repubblicana i quali vennero dismessi e riutilizzati in epoca augustea quando l’intera area fu oggetto di profonde modifiche. L’ambiente trapezoidale venne ripartito dapprima in due e quindi in tre ambienti (probabilmente dei magazzini) e la strada interrotta ed utilizzata come via di accesso ai suddetti ambienti. Nello stesso momento, nella parte superiore del pianoro, si dovette procedere a grandi scavi che produssero ingenti quantitativi di rocce e terreno i quali vennero gettati all’interno della dolina addolcendone la pendenza verso il centro e innalzandone il piano di calpestio nell’area di fronte agli ambienti dove venne posto un piccolo lastricato[4].
Infine, nel corso degli ultimi due anni, si è fatta avanti l’idea di ampliare le indagini andando ad interessare l’area del foro grazie agli studi e le ricerche portati avanti da chi scrive e dal collega dott. Gasperini nell’ambito della pubblicazione integrale della documentazione relativa ai vecchi scavi Ciotti[5] in stretta collaborazione con il dott. Paolo Bruschetti[6]. Essendo quindi finalmente riusciti a ricostruire la storia degli scavi e delle scoperte occorse nel periodo 1951-1972, l’attenzione si è appuntata sull’area forense di cui furono riportati completamente in luce gli edifici dei lati meridionale (templi gemini con alle spalle degli ambienti a destinazione commerciale), settentrionale (curia, tabularium e sede dei magistrati) ed orientale (archi quadrifronte, tabernae). Per quanto concerne invece il lato occidentale, questo si presenta solo in parte esplorato mediante alcune trincee poi lasciate in stato di abbandono e nonostante la presenza dei resti di un podio verosimilmente pertinente al capitolium.
Basandosi su queste premesse, si è deciso di incentrare le attività di indagine su due precise aree: quella alle spalle del lato meridionale del foro (rimasta finora completamente inesplorata) e quella del lato occidentale dove si intende completare gli scavi iniziati da Umberto Ciotti al fine di rimettere in luce gli edifici scavati solo in maniera parziale e rimasti in questi ultimi decenni in stato di abbandono.

Lo scavo del Saggio E

Nel corso dei mesi di luglio e settembre si è proceduto con l’apertura di un primo saggio di scavo su una superficie di circa 160 mq localizzato tra i templi gemini e la cosiddetta cisterna, rinvenendo una serie di strutture murarie e pavimentazioni mosaicate verosimilmente pertinenti ad una ricca domus. Complessivamente sono stati documentati non meno di 9 ambienti, indicati in pianta con le lettere da A ad I.
Le indagini sono ovviamente iniziate con l’asportazione degli strati superficiali di recente formazione (arativo). Al termine di questa operazione sono state subito riportate alla luce, oltre a numerose creste murarie e alle interfacce superiori di alcuni strati, alcune pavimentazioni (o preparazioni pavimentali) poste nella metà orientale dell’area di scavo. Nel prosieguo delle indagini, andando ad asportare le stratigrafie presenti nella porzione occidentale del saggio, si è potuto verificare come queste si configurassero come dei butti di materiale selezionato, verosimilmente formatisi nel corso della demolizione dell’edificio al fine di recuperarne i materiali lapidei da costruzione. Questi strati, allo stato attuale, sono stati documentati negli ambienti B, D, E, F e G dove andavano a coprire direttamente i piani pavimentali decorati a mosaico e si presentavano formati in prevalenza da frammenti di tegole, pietre calcaree di medie e piccole dimensioni e numerosi frammenti di intonaco uniti da una matrice terrosa ricca di calcinaccio tritato. Di particolare rilievo, inoltre, la pressoché totale assenza di reperti mobili (ceramiche, vetri, monete, metalli, ecc.) fatta eccezione per un gruppo di 10 lucerne rinvenuto nell’ambiente E a diretto contatto con il pavimento, molto probabilmente dimenticato in quel punto da coloro che presero parte alla demolizione degli alzati murari dell’edificio.

Lato sud del foro, saggio E. Ortofoto dell’area di scavo con indicazione dei vari ambienti.

Terminata la documentazione e l’asportazione degli strati di butto selezionato e dopo aver completato il rilievo delle strutture murarie rinvenute, è stato possibile riconoscere nell’area di indagine la presenza di almeno una ricca domus di cui fanno parte tutti gli ambienti ad eccezione di quello indicato con la lettera B il quale, probabilmente, è pertinente ad una seconda struttura addossata alla prima e con cui ha in comune la muratura che lo separa dagli ambienti C, D e E (forse una seconda domus). Lo studio e l’interpretazione dei vari ambienti, oltre che sui dati di scavo, è stata condotta sovrapponendo il rilievo fotogrammetrico dello scavo con l’ortofoto dell’area meridionale del foro e, soprattutto, con il tracciato georadar frutto delle indagini condotte nell’area in collaborazione con il dott. Stefano Urbini, geologo dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia precedentemente all’inizio degli scavi archeologici. Questo ha permesso di ampliare il rilievo delle strutture murarie oltre i margini di scavo e, quindi, di individuare con un buon margine di certezza parte della planimetria di una importante domus databile, come vedremo, ad epoca augustea.
Di questa sono stati scoperti i seguenti ambienti: atrio con impluvium centrale (ambiente A), ala destra (ambiente E), vasca (ambiente D), cubicolo (ambiente C), tablino (ambiente I), corridoio (ambiente H). Incerta l’interpretazione degli ambienti F e G la cui situazione risulta sicuramente rimaneggiata nel corso della vita della domus e la cui indagine, allo stato attuale, è ancora tutta da condurre essendosi nell’area solamente rimossi gli strati di copertura superficiale.
Ciò premesso, passiamo ora alla descrizione dei vari ambienti della domus (con particolare riguardo per i tappeti musivi) ed alla loro identificazione.

Saggio E, Ambiente A (atrio) con al centro i resti dell’impluvio. In basso due scassi operati in anni recenti con un mezzo meccanico. In alto a sinistra i resti del tappeto musivo.

Ambiente A, ATRIO – Attualmente è stato scavato e documentato per circa 1/3 della sua superficie pari a circa 60 mq, in cui ricade anche il lato meridionale dell’impluvium centrale. Nel complesso, se l’ipotesi ricostruttiva è corretta, questo ambiente dovrebbe avere pianta rettangolare (10,15 x 13,40 m) con l’asse maggiore orientato nord-sud e l’ingresso (vestibolo) ubicato al centro del lato corto di nord (verso la piazza del foro). Al centro si trova l’impluvium formato da una fascia di lastre in pietra calcarea grigia larga 45 cm di forma quadrata e con il lato esterno lungo 3,39 m. All’interno, racchiuso nella fascia di lastre, si trova quanto resta di un mosaico composto da un tappeto di tessere lapidee colore grigio scuro in cui sono inserite delle crustae di marmo bianco a formare una composizione ortogonale di stelle a quattro punte (caricate al centro da un dado bianco sulle diagonali) tangenti, formanti un reticolato di losanghe, con effetto di ottagoni secanti e tangenti[7]. All’esterno della fascia di lastre doveva infine trovarsi un secondo bordo di elementi litici che fungevano da pareti della vasca e di cui rimane solamente l’incavo nella pavimentazione.

Saggio E, ambiente A – Impluvium, particolare della decorazione musiva

All’esterno dell’impluvium, la pavimentazione dell’atrio si presenta realizzata da un tappeto musivo formato da un mosaico in tessellato nero con inserti litici e marmorei (opus scutulatum). Il pavimento è stato in gran parte distrutto dalle arature ed il rivestimento musivo si conserva solamente nella parte occidentale dell’ambiente. Nel resto dell’ambiente rimane in situ solo il sottostante letto di posa (settore centrale) o il livello preparatorio più profondo (rudus; settore orientale).
Lo strato superiore del pavimento è composto da un tappeto di tessere lapidee color grigio scuro il cui ordito è orientato con le pareti dell’edificio. Il tappeto è delimitato da una cornice composta da una linea semplice di 6 file di tessere bianche mentre nel campo sono inserite grandi tessere bianche rettangolari in calcare bianco disposte in maniera abbastanza uniforme secondo un motivo a zampe di gallina, alle quali si alternano in maniera caotica crustae marmoree e litiche policrome di forma e dimensione per lo più irregolari, probabilmente recuperate dalla distruzione di un opus sectile o avanzi di altre lavorazioni[8].

Saggio E, Ambiente E e D – Sulla destra dell’ala si nota la soglia decorata con mosaico a rettangoli neri disposti a formare rombi centrali bianchi.

Ambiente E, ALA Destra – Lungo il lato lungo ovest dell’atrio, si apre un ambiente di forma sostanzialmente quadrata (4,34 x 4,23 m) il quale è stato identificato con l’ala destra della domus la quale si apre completamente sull’atrio mentre sui restanti tre lati l’ambiente è delimitato da una muratura chiusa (lato ovest) e da due murature con apertura (lati sud e nord). La pavimentazione è realizzata a mosaico e in origine doveva collegarsi al pavimento dell’ambiente A (attualmente le due superfici sono separate da una lacuna) e alla soglia musiva a nord. Nella parte occidentale dell’ambiente E si conserva gran parte del rivestimento musivo con lacune di limitata estensione mentre nella parte nordorientale dell’ambiente il livello superiore del pavimento è scomparso e rimangono in situ solo i sottostanti livelli preparatori. Il mosaico presenta decorazioni geometriche realizzate in tessere nere su sfondo bianco. Una cornice composta da una fascia nera e da una bianca (ognuna delle quali dello spessore di 4 file di tessere), delimita un campo centrale con composizione ortogonale di quadrati adiacenti formati da quattro rettangoli uguali delineati attorno ad un quadrato[9]. La zona di passaggio tra l’ala destra e l’atrio è delimitata da una soglia decorata da un campo di forma rettangolare molto allungato, solo in parte conservato, dove è presente la raffigurazione schematica di un edificio porticato con arcate in colori contrastanti, coronato da tetti a spiovente e merli a T[10]. Le tessere nere si presentano notevolmente usurate e la loro superficie è più bassa di circa 1 mm rispetto a quella delle circostanti tessere bianche.

Saggio E, Ambiente C (cubicolo?) e D (vasca interrata)

Ambiente D, VASCA – Ubicato lungo il lato meridionale dell’ala destra, è stato rinvenuto un piccolo ambiente a pianta rettangolare il cui ingombro interno attuale misura 3,65 x 1,39 m ma che in origine doveva presentarsi leggermente più ampio verso nord dove, nel corso della vita dell’edificio, venne realizzata una muratura al fine di consolidare il parapetto della vasca in lastre a cui doveva appoggiarsi. In entrambe le fasi, tutte le pareti dovevano presentarsi rivestite con uno strato di malta impermeabilizzante di cui resta traccia lungo il paramento interno delle pareti perimetrali. In un’ultima fase, forse precedente alla demolizione dell’edificio, la vasca viene obliterata con un riempimento in materiale lapideo (frammenti di travertino e terreno naturale) di cui, attualmente, è stata solamente ripulita l’interfaccia superiore.

Ambiente C, CUBICOLO (?) – Ubicato subito a sud della vasca (ambiente D), è stato scoperto e riportato alla luce nella sua quasi interezza un ulteriore ambiente a pianta quadrangolare il quale, ancorché non completamente riportato alla luce, dovrebbe misurare in pianta 3,55 x 3,55 m. La pavimentazione è costituita da un tappeto musivo con decorazione a stelle a 6 punte inscritte in esagoni, individuato subito dopo la rimozione dello strato di arativo. Le lacune causate dalle arature interessano principalmente il settore nord-est dell’ambiente dove il livello superiore del pavimento è scomparso e rimangono in situ solo i sottostanti livelli preparatori. Per quanto concerne la decorazione musiva, questa è delimitata da una cornice composta da una fascia nera e una bianca (ognuna delle quali dello spessore di 5 file di tessere), che borda un campo centrale con composizione triassiale di stelle a sei punte tangenti formanti losanghe, con le stelle iscritte negli esagoni di un nido d’ape delineato. Ciascuna stella si presenta formata da triangoli campiti di nero costruiti sopra i lati di un esagono a fondo bianco[11]. Lungo le pareti nord e ovest, sulla superficie musiva è presente la traccia di un rivestimento di intonaco che vi si appoggiava sopra e che non si è conservato (spessore 30 – 40 mm): lungo questa traccia si distinguono chiaramente colature di pigmento rosso (cinabro) e celeste (verderame).

Ambiente H, CORRIDOIO – Ubicato allo spigolo sud-ovest dell’atrio, è stato individuato il tratto iniziale nord di un lungo corridoio posto tra gli ambienti D e C (lato ovest) e I (lato est). Il corridoio, ben evidente sovrapponendo il rilievo delle strutture scavate con il tracciato georadar, presenta una larghezza pari a 1,32 m ed una lunghezza complessiva stimata di circa 9,54 m (la parte scavata è lunga invece appena 1,60 m). La pavimentazione presenta un tappeto musivo bicromo bianco e nero il quale è stato in gran parte distrutto dalle arature. Il rivestimento musivo è conservato soltanto nella parte centrale dell’ambiente che, essendosi avvallata, non è stata intaccata dall’azione dell’aratro. Verso nord la decorazione musiva è delimitata da 4 fasce: la prima composta da 3 file di tessere nere, la seconda da 4 file di tessere bianche, la terza da 3 file di tessere nere mentre la quarta è formata da 3 file di tessere bianche e nere disposte a scacchiera. Nella zona di passaggio tra l’atrio e il corridoio rimane infine un piccolo lacerto di mosaico a fondo nero recante parte di un motivo triangolare bianco (forse una cornice a denti di lupo).

Ambiente I, TABLINO – Localizzato in posizione centrale lungo il lato corto meridionale dell’atrio e ricompreso tra il corridoio H a ovest ed un secondo corridoio perfettamente visibile dal tracciato georadar ad est, è stato scavato il margine nord di un ampio ambiente con ogni probabilità identificabile con il tablino della domus, delimitato ai due lati est ed ovest da altrettante murature con le testate nord circondate e rivestite altrettanti blocchi di travertino a forma di U che dovevano verosimilmente sorreggere il peso del rivestimento marmoreo applicato alla parete. Adiacenti ai lati interni delle due testate litiche erano presenti altrettanti blocchi quadrangolari in travertino sulla cui superficie superiore è un alloggiamento, probabilmente utile all’installazione di un sistema di chiusura ligneo apribile simile a quello della Casa del Tramezzo di Legno ad Ercolano[12]. Nulla sembrerebbe rimanere invece della pavimentazione originaria (quasi certamente musiva) la quale, almeno nel settore indagato, è stata completamente scassata dall’azione dell’aratro.

Soglia lato nord dell’ambiente E (ala destra) – Lungo il lato settentrionale dell’ala destra, è stata individuata una soglia con pavimentazione musiva a decorazione geometrica bicroma parzialmente obliterata da una muratura successiva che gli si appoggia sopra. Il mosaico presenta una cornice composta da una linea semplice di 4 file di tessere la quale racchiude un campo recante una composizione ortogonale di losanghe tangenti (bianche) di due diverse dimensioni, formanti un reticolato di rettangoli alternati con due diverse inclinazioni.

Saggio E, Ambiente B. Sulla sinistra del mosaico con mura, torri e meandro a svastiche concatenate è ben visibile l’interfaccia superiore del butto di macerie selezionate che copre direttamente la pavimentazione mosaicata.

Ambiente B (altra domus?). Individuato lungo il margine occidentale del saggio, ne è stata individuata solamente parte della muratura perimetrale nord per circa 3,50 m di lunghezza e di quella est per circa 10,50 m. All’interno dell’ambiente, lo scavo ha riportato alla luce l’interfaccia superiore dello strato di butto di macerie su di una superficie complessiva pari a 32 mq. Di questi, allo stato attuale, ne sono stati scavati solamente 12 mq rimettendo in luce la pavimentazione decorata a mosaico la quale presenta alcune lacune di limitata estensione e profondità causate principalmente dal rigonfiamento e dal distacco del tessellato. Per quanto concerne la decorazione musiva, questa si presenta delimitata da una cornice raffigurante una cinta muraria in opera isodoma con merli a T scandita da torri dotate di finestre e da una porta a tre fornici verosimilmente posta in posizione centrale[13]. Il campo mostra invece una composizione ortogonale di meandri di svastiche e quadrati disegnati da fasce bicrome. Gli intervalli sono riempiti da file di quadratini neri e di clessidre adiacenti in colori contrastanti, bianco e nero[14]. Sotto il tessellato, nelle lacune, è visibile uno strato preparatorio compatto, color grigio chiaro, composto da malta di calce mista a tritume di pietra calcarea.

Oltre ai mosaici che decoravano le pavimentazioni, anche le pareti dovevano presentarsi rivestite di affreschi e stucchi. Nel corso degli scavi, infatti, sono stati rinvenuti sia all’interno degli strati di terreno che obliteravano le strutture, sia ancora in posizione alla base delle murature, numerose porzioni di intonaco dipinto. La maggior parte dei frammenti presentavano superfici monocrome (bianco, rosso, giallo, nero e azzurro[15]) mentre nei restanti reperti sono attestate fasce rettilinee ed elementi vegetali, verosimilmente riferibili ai grandi riquadri colorati alternati da sottili tralci vegetali ed esili architetture, tipici del terzo stile di epoca augustea.
Ulteriore elemento di fondamentale importanza dal punto di vista della ricostruzione topografica dell’area, è stato il rinvenimento, sul fondo di due grosse buche realizzate in epoca recente presso il lato sud dell’atrio, del residuo di un lastricato realizzato in lastroni di calcare sbozzati che sembrerebbero indicare la presenza, a circa 80 cm di profondità rispetto ai pavimenti della domus, di uno spazio pubblico aperto molto probabilmente da identificarsi con la piazza del foro di epoca repubblicana. Questa sarebbe stata poi obliterata e modificata in epoca augustea, con la realizzazione di tutti gli edifici attualmente visibili (sostruzioni dei templi gemelli, capitolium, edifici del lato nord del foro augusteo, archi quadrifronte). In questo contesto, anche la domus recentemente rinvenuta alle spalle del lato sud del foro, grazie allo studio dei suoi mosaici, sembrerebbe potersi datare tra l’ultimo quarto del I sec. a.C. e gli inizi del I sec. d.C., ovvero nel pieno delle modifiche urbanistiche di epoca augustea e in linea con il gusto decorativo di quel periodo.