“Risvegli”. A Palazzo Della Penna mostra tra pittura e fotografia

di Francesco Pullia

Barbara Nati, Cages of tranquillity

Allestita al primo piano del perugino Palazzo della Penna – Centro di cultura contemporanea (via Prospero Podiani, 11) e visitabile fino domenica 10 marzo, la mostra Risvegli!  propone quattro autori affini tra loro per impatto visivo ma ognuno con provenienze differenti: un pittore immerso nella metafisica e di singolare effetto scenografico (Ciro Palumbo), un’artista che amalgama efficacemente e con maestria pittura e fotografia (Barbara Nati), due fotografi le cui immagini oltrepassano ambiti delimitati per rappresentare, con effetto stornante, scene sottratte alla quotidianità (Fabio Moscatelli e Rebecca Norris Webb).

Ciro Palumbo, È in arrivo un annuncio

Uno dei simboli maggiormente ricorrente nella poetica di Ciro Palumbo (nato a Zurigo nel 1965 ma residente a Torino) è l’ala, che rimanda ad annunciazioni e disvelamenti e, nello stesso tempo, ad un fortissimo anelito di trascendimento. Evidenti influenze saviniane e dechirichiane sono reinterpretate in modo originale e spiazzante in un orizzonte mitologico e misterico, con frequenti allusioni, specialmente per quanto riguarda gli impianti prospettici e le vedute d’insieme, alle tavole quattrocentesche. Le ali che qua e là si rincorrono alludono sì a voli innalzanti ma anche a rovinose cadute. Elevazioni, miraggi, visioni hanno il loro contrappeso nel precipitare di corpi in cui marcata è l’allusione a religiose, tragiche, deposizioni. Piero della Francesca, Mantegna, Leonardo ci parlano, attraverso sottrazioni e rivisitazioni, tra incursioni postmoderniste rievocanti Giulio Paolini.

Il mondo di Palumbo ci fa da viatico per entrare nello stregante realismo onirico di Barbara Nati, romana di nascita (1980) ma di formazione angloamericana, che, grazie ad un’accorta e sapiente frequentazione del digitale, ci conduce dove il discrimine tra naturale e artificiale si smarrisce e confonde con risultati di straordinaria, affabulante, fascinazione. In certe opere è come se incombessero presenze presagite da nebbie e foschie in paesaggi che paiono scaturiti da arcani sortilegi. Luci riflesse o al neon tralucono da ischeletriti squarci urbani su cui, come in un film di Carpenter, s’addensa, fitto e minaccioso, l’ignoto. Aquile volteggiano su prati fioriti e picchi rocciosi, con pareti su cui l’umanità, messa sotto chiave in una teca, s’illude di arrampicarsi verso la cima mentre, in realtà, non fa altro che ripiegarsi su se stessa. E, ancora, l’infanzia è circoscritta in una gabbia sospesa sul vuoto tra sguardi, attoniti, di gufi, cinghiali, merli, cervi in un intrico boschivo su cui si posa luce filtrata.

Rebecca Norris Webb, Paesaggio del Dakota

Con Rebecca Norris Webb (Rushville, Indiana, 1956) le pianure del South Dakota si rivelano desertificate, dimorate e battute da venti che ci invitano a tacitare dolore e strazianti interrogativi per consegnarci interamente all’universo dell’immagine. Qui, come in certe sequenze wendersiane, la parola evapora, si dilegua, lasciando il posto alla pura visione. Nella fissità che ne consegue è possibile scorgere un bisonte pascolare o un po’di frutta lasciata a maturare su terreni pietrosi. Sui calanchi aleggiano toni elegiaci. Da orizzonti perduti s’affermano distanze, lontananze. Teloni plastificati assediano e ghermiscono rugginosi fili spinati. Lascito d’umano è affidato all’erba essiccata, bruciata dal sole. Ovunque si diffondono sospensione e attesa.

Fabio Moscatelli, Qui vive Jeeg

Fabio Moscatelli (Roma, 1974) si è, infine, autoconferito il compito, tutt’altro che agevole, di trasformare in leggendario il quartiere romano di Torbellamonaca. Ma, attenzione, non assistiamo ad alcuna rimozione del degrado. L’obiettivo si limita a scovare nella quotidianità, estrapolandolo, quanto di per sé è sorprendente e immaginifico. Quella che viene mostrata è un’eccedenza di grazia, tanto incantatoria (e, per certi aspetti, commovente) quanto inaspettata. Il fotografo si fa in questo caso tramite di una bellezza (non solo estetica) che, pur essendo sotto gli occhi di tutti, è avvistata soltanto da pochi.