Sentieri. Ad Amelia rassegna d’arte nei luoghi desueti

di Francesco Pullia

Locandina

Durerà fino al 30 aprile “Sentieri”, festival di arte contemporanea dislocato in undici posti  nel centro storico di Amelia in un tortuoso tragitto da via della Repubblica a Palazzo Petrignani (con la bella sala dello zodiaco), passando per Palazzo Venturelli, Palazzo Geraldini, le cisterne romane risalenti al II secolo a.C., la restaurata chiesa di S. Angelo, Palazzo Nacci, luoghi ricchi di storia ma poco frequentati se non addirittura abbandonati, botteghe chiuse, officine in disuso, magazzini dimenticati.
Organizzato dal Centro ricerca arte contemporanea  di Claudio Pieroni e dall’associazione culturale Feng Huang di Luo Guixia, in collaborazione con Sistema museo, Stanza – Ci sono cieli dappertutto (la galleria narnese gestita dallo scrittore Beppe Sebaste), Immobiliare amerina e con il patrocinio del Comune di Amelia, intende proporre un percorso visivo e simbolico che mette in dialogo Oriente e Occidente. Claudio Pieroni, curatore dell’iniziativa, ha voluto tessere una trama artistica fatta di esperienze diverse e costruire una sorta di insolita rassegna itinerante.

La casa dove vivo da una ventina d’anni – spiega – era un antico sito monastico di accoglienza, una sorta di ostello religioso. E anche questo senso di accoglienza dei pellegrini rientra nella logica da cui è nato “Sentieri”, che vuole essere un percorso fatto di incontri. Grazie ai cittadini e all’amministrazione comunale siamo riusciti ad aprire vecchie case, vecchie cantine e abbiamo potuto esporre opere anche in spazi pubblici monumentali come le cisterne romane o la chiesa di S. Angelo. In qualche caso gli artisti vi hanno collocato opere già realizzate, in altri invece hanno appositamente creato lavori per gli ambienti che li hanno ispirati. “Sentieri” – aggiunge –  nasce  per ricordarci che l’arte non espone mai solo se stessa, ma anche lo spazio in cui si trova e si mostra. Esponendo se stessa, ci rende visibili i luoghi in cui prende forma come se li vedessimo per la prima volta, ci fa riscoprire lo spazio di fronte a cui siamo divenuti ciechi per abitudine. Il festival è di per sé un’opera d’arte che svela spazi inconsueti che, a loro volta, diventano tutt’uno con i lavori. Da parte loro, i visitatori, percorrendo i tracciati di Amelia segnati dalla rassegna, diventano in qualche modo co-autori“.

Confine, opera di Luo Guixia

Sono trentaquattro gli artisti, tra cui diciotto giovani cinesi, che partecipano all’operazione con dipinti, fotografie, installazioni (anche video): Federica Beretta, Silvia Bordini, Marco Ceccarelli, Primarosa Cesarini Sforza, Fan Chen, Kaimin Chen, Grazia Cucco, Carlo Deperu, Xuanzheng Ding, Zhengchen Fan, Giulia Gallo, Haoyue Guan, Zejing Han, Zhiming Hou, Xi Hu, Zisheng Huang, Tianyuan Li, Zhen Li, Sijun Liu, Luo Guixia, Mattia Malvicino, Lorenzo Modica, Flavio Orlando, Enrico Partengo, Mario Petrachi, Pasquale Polidori, Elisa Sartori, Damiano Tata, Mengfang Xiang, Chun Xu, Zhengjun Yang, Li Zhen, Xingjun Zhong.

La rassegna non è di proposito caratterizzata da una specifica costante tematica. Le opere rivelano intonazioni molto dissimili e variegate tra loro, talora anche in aperto e voluto contrasto. Si passa dal figurativo al concettuale, dall’informale al performativo. Tutto risulta accomunato e amalgamato dalla disseminazione. Non ci sono precisi punti di partenza e di arrivo. A sorreggere una proposta che potrebbe apparire fragile e aleatoria è un tracciato concepito e disegnato appositamente con lo scopo di favorire la dispersione della soggettività nell’intricato reticolo urbano, in un dedalo di raffigurazioni, suoni, immagini fluttuanti e intermittenti, tele, lenzuoli, tubi catodici. Accanto ai vari luoghi decontestualizzati e sottoposti a trasfigurazione c’è una stella gialla dipinta su fondo azzurro, come a indicare qualcosa proveniente in libera caduta dal firmamento ma non ancora priva di luminosità, soltanto in cerca di (ri)definizione. È evidente l’intenzione di chi ha concepito l’evento di rispecchiare la condizione di spaesamento in cui, senza approdi e con vacui bagliori, versa la soggettività negli scampoli di postmodernità che stiamo vivendo. Non a caso un grande panno è stato fissato in un angusto spazio con al centro una montagnola di detriti, macerie, calcinacci, così come non può sfuggire la forte valenza simbolica esercitata da dipinti depositati in sotterranei collegati tra loro da oscuri e stretti cunicoli dai soffitti gocciolanti e dalla pavimentazione acquitrinosa. L’uscita è una luce sofferta data dalla precarietà del tempo (e dell’umano).
Le opere possono essere visitate nelle seguenti date: 31 marzo, 1 e 2 aprile / 7 e 8 aprile / 14 e 15 aprile / 21 e 22 aprile / 28 e 29 aprile – dalle ore 11:30 alle 19:00. È possibile anche concordare chiamando i numeri 3357077948 / 3487595963).