
Esposizione 1907. Strategie di comunicazione per un evento epocale
di Marco Saioni •
Il settimanale La Provincia dell’Umbria, testata radicale e critica con l’amministrazione comunale a guida liberale, esce il 24 gennaio 1907 con un pezzo pungente sulla prevista mostra dell’arte umbra. In realtà il giornale si limita a riportare, sebbene in tono polemico, quanto già pubblicato dal quotidiano romano La Tribuna, secondo cui il Ministero non avrebbe concesso il benestare al trasferimento di alcune importanti opere. In alternativa, si prevedeva la mobilità dei visitatori interessati ad ammirarle nei luoghi dove sono conservate. Insomma una beffa, che insieme ad altre domande, volte a mettere in dubbio l’intera organizzazione, scatena la reazione furiosa del governativo L’Unione liberale. Ne segue uno scambio al calore bianco culminato con l’ingiunzione, da parte del Sindaco Valentini, presidente del comitato organizzatore, a far pubblicare una rettifica tesa a “troncare le voci che o per inesatte informazioni o per altre cause, sono messe in giro e che potrebbero ostacolare il regolare andamento della mostra”[1].
Insomma l’evento, di cui al settimanale sembra sfuggire la reale portata, rischia di imboccare l’insidioso percorso della contesa politica con la concreta possibilità di un effetto boomerang. Del resto anche l’organo dei repubblicani, Il Popolo, aveva bacchettato L’Unione liberale per l’eccessivo zelo, di essere cioè più realista del re e addirittura “nascondere tutto ciò che dispiace ai suoi padroni” [2].
La premessa giova a spiegare il successivo intervento del Sindaco, il quale convoca il 12 febbraio direttori e corrispondenti di tutte le testate umbre. Non è una conferenza stampa. L’incontro, dai toni bonari e convincenti, tende a vincolare i giornalisti ad un patto che di fatto antepone la promozione all’informazione, in nome del tornaconto collettivo. L’invito rivolto ai cronisti consiste dunque nel “sospendere su questo argomento gli apprezzamenti di partito… e di trattare nel modo più sereno, dignitoso e conveniente ad assicurarne la buona riuscita”[3] . Un vero e proprio arruolamento, tuttavia accolto da un’adesione incondizionata. L’abile mossa del Sindaco sembra produrre anche la non belligeranza della Provincia che della vis polemica antigovernativa aveva fatto la propria missione.
Frattanto la macchina organizzativa procede con l’attività, curata dall’Ufficio stampa, diretto dall’avvocato Salusti, che diffonde periodici comunicati alle testate locali, nazionali ed europee. Tale impegno è riscontrabile dalla quantità dei pezzi finiti in pagina e contribuiscono a costruire l’evento dell’anno in Italia. A questo si aggiunge la strategia della promozione affidata a 2000 manifesti murali affissi in varie città italiane, decine di migliaia di locandine diffuse negli alberghi, ristoranti, uffici pubblici, vagoni dei treni. E poi cartoline, francobolli, guide della mostra. Uno sforzo notevole che impegna almeno il 20% dell’intero budget, cosa non trascurabile per i mezzi del tempo, nella piena consapevolezza che un progetto di quello spessore necessitasse di adeguata promozione. Due stagioni liriche in aprile e settembre avrebbero inoltre contribuito ad attrarre visitatori durante il periodo dell’esposizione, garantendo la partecipazione di un nome eccellente, quello del direttore Edoardo Mascheroni.
Anche sul fronte della mobilità sono predisposte facilitazioni con biglietti ridotti per coloro che viaggiano sulle ferrovie dello Stato.
Ma la mossa vincente, volta a conferire il massimo prestigio all’iniziativa, consiste nella missione a Roma del 28 febbraio. Ricevuto da Vittorio Emanuele III in udienza privata, il Sindaco Valentini ottiene l’assicurazione sulla presenza della famiglia reale per l’inaugurazione del 29 aprile. Un risultato di imponente portata mediatica, specialmente per una regione come l’Umbria, caratterizzata da una forte marginalità.
Eppure è di nuovo La Provincia ad attaccare, non certo la mostra in sé, ma aggiustando il tiro sulla presunta incapacità degli addetti alla comunicazione, da cui la scarsa visibilità dell’evento, sempre secondo il settimanale, per altro ormai prossimo all’inaugurazione. Il pretesto è offerto da un giornale milanese, che in un servizio dichiara già chiusa la mostra, notizia poi prontamente rettificata. L’incidente sarebbe pertanto dovuto alla “mancanza di notizie e réclame che ha causato il deplorevole equivoco… Pare incredibile che le forme più moderne e usate per attrarre l’attenzione del pubblico siano dai nostri dirigenti o sconosciute o ritenute superflue”[4]. “
Un attacco dunque all’intero staff della comunicazione. Certamente un atteggiamento, quello della Provincia, poco spiegabile in termini di pura convenienza, poiché un navigato organo di stampa doveva essere in grado di cogliere l’articolata e potente struttura comunicativa messa in campo. A meno di accogliere la tesi dell’Unione liberale che dopo aver pubblicato un lungo elenco di testate italiane ed estere, prodighe di notizie sull’esposizione, scatena la controffensiva interpretando in chiave livorosa le motivazioni ispiratrici dell’articolo.
Il riferimento sarebbe dunque riconducibile alla decisione dell’Ufficio stampa assunto qualche giorno prima “in pieno accordo con la Presidenza del Comitato il quale credette conveniente (e fece benissimo) sospendere qualunque comunicazione a quel giornale. Ecco la ragione del suo bilioso risentimento”[5].
In effetti la decisione di estromettere dalla comunicazione istituzionale una testata non gradita tenderebbe ad escludere un atteggiamento conciliante da parte della stessa. Tuttavia le rare voci critiche spargono poco sangue e il clima di diffuso entusiasmo prevale su tutto. Ne è interprete il tipografo Tilli che riesce a sorprendere la collettività con il suo tempismo nel diffondere il giorno successivo le foto cartolina dell’inaugurazione. Un esempio di quell’imprenditorialità artigianale accorta e sempre sul pezzo.
Sarà ancora L’Unione liberale a dare conto del successo, a chiusura della mostra, pubblicando in dettaglio tutte le voci del resoconto finanziario diffuso dal comitato organizzatore[6]. Un articolo non esattamente ispirato allo stile britannico, infarcito com’è di trionfalismo e dispendio di aggettivi. Sappiamo in ogni caso, dall’unica l’unica fonte giornalistica, che le entrate ammontarono a 70.674 lire, in larga parte dovute alla vendita dei biglietti, fatto che ha costituito un introito di 30.433 lire. Quasi il doppio di quanto versato dagli azionisti che hanno contribuito all’impresa.
Considerata la spesa di 63.134 lire, l’evento si chiude con un utile di cassa di 7.539. Da notare, come già ricordato, che la cifra di 13.198 impegnata per la promozione rappresenta la seconda voce per consistenza.
In un laconico resoconto di sette righe la Provincia chiude ogni polemica, esprimendo tiepida soddisfazione per i risultati ottenuti, utili quanto meno a garantire agli azionisti qualche risarcimento[7].
L’indiscutibile successo dovuto alla qualità artistica delle opere ed al robusto sostegno della comunicazione non sembra tuttavia aver convinto i perugini, almeno la gran parte di loro, probabilmente distratti rispetto alle tematiche culturali. Basti ricordare che il censimento del 1911 assegna alla regione un tasso di analfabetismo pari al 49%, senza considerare il diffuso stato di povertà in cui versavano le campagne.
E proprio per garantire l’accesso ai meno abbienti Il Popolo aveva già proposto, mesi prima, l’istituzione un giorno di ingresso gratuito, cosa peraltro consueta in Pinacoteca, che prevedesse anche un servizio di visite guidate. “Così anche agli operai, ai quali non è possibile sottrarre dalla troppo modesta paga quotidiana quanto occorre per il biglietto d’ingresso dell’esposizione, potrebbero ammirare le bellezze e le glorie artistiche dell’arte nostra[8].”
Il suggerimento cadde nel vuoto, certo nella convinzione che in ogni caso la mostra stava attraendo un notevole numero di visitatori paganti, oltre all’indotto sancito dal tutto esaurito degli hotel.
E’ solo verso la chiusura, in novembre, che un certo rammarico filtra proprio da un servizio dell’Unione liberale quando informa i cittadini che per due giorni il prezzo del biglietto sarà ridotto a cinquanta centesimi, sperando che “la cittadinanza apprezzerà le disposizioni prese dalla presidenza del Comitato per rendere popolare la Mostra con l’accorrere numerosa[9].”
Il giornale si era accorto che all’esposizione erano accorsi tutti, meno i perugini.